Caro diario,
Era da tempo che non aggiornavo lo spazio dedicato a luoghi visitati, a quelle emozioni che, nonostante passasse il tempo restano sempre vivi dentro di me. Il mio sabato, però, anche se non lo faccio con frequenza, avrà sempre il sapore dei viaggi: quelli vissuti con intensità, e quelli sognati a occhi aperti che non sono stati ancora realizzati. Dove porto oggi i nostri lettori, te lo starai chiedendo... te lo dico subito, tanto non vale la pena tenerti sulle spine. Oggi rivisiteremo un luogo magico, che mi ha rubato il cuore al primo sguardo, che ho sognato sin da piccola, e che solo otto anni fa ebbi la possibilità di visitare. Parigi.
Quando studiavo ancora a Gorizia, e studiavo il francese, avevo questo professore bizzarro e ottuso, De Gioia. Non era tanta gioia per me quando dovevo andare alle sue lezioni. Rimpiangevo con tutta me stessa la mia vecchia prof della Serbia, severa anche lei ma almeno aveva un'anima, e non riuscivo ad accettare quell'uomo. Il mio voto era pessimo per i miei gusti, ogni giorno che passava mi rendevo conto di perdere tutte le certezze linguistiche che avevo, e per recuperare ho deciso di fare un corso in Francia. Così, a settembre 2004, insieme a un'amica più giovane ma che studiava insieme a me, Zsuzsanna, partii alla volta di Parigi. Ci restammo per un mese intero, e che mese!
Una mattina piuttosto fresca mi recai all'aeroporto di Milano. Il volo era molto presto, alle 7:20, e già alle 9 era previsto il mio arrivo nella città che, per una ragione sconosciuta a me, aveva una tale importanza che non riuscivo a capire. All'aeroporto doveva venirmi a prendere un amico di papà, emigrato dalla Serbia più di trent'anni fa che viveva lì e faceva tassista. Scesa dall'areo, ancora assonata, fu accolta da un'emozione troppo forte e una sensazione stranissima. Sentivo che stavo ritornando a casa, e non capivo. Non avevo tempo per pensare alla mia confusione, dovevo trovare questo tassista che mi avrebbe portata al collegio in cui eravamo alloggiate Zsuzsi (era il sopranome dell'amica che sarebbe arrivata già lì) ed io. Presi i bagagli, andai fuori ma non lo vedevo. Una chiamata al cellulare mi ha chiarito ogni dubbio, l'uomo pensava che sarei arrivata alle 9 di sera, e fui costretta a prendere il primo taxi.
Il tassista, un chiacchierone marocchino di incirca 35 anni, era un uomo gentile con cui si chiacchierava amabilmente. In francese, ovvio. Io, sinceramente, avevo qualche perplessità, questo De Gioia che menzionai mi aveva tolto ogni speranza linguistica, ma dopo un po' mi sono sciolta. Mentre mi portava all'indirizzo che gli ho dato, guardavo dalla finestra. Le cose che vedevo, i paesaggi, erano tanto familiari. Troppo. Sì, so che cosa pensate, li avevi visti in foto. Ma, la sensazione strana, quella che mi premeva sul cuore ogni minuto che passava mi diceva un'unica frase: Bentornata a casa.
Il collegio per le ragazze, era situato vicino alla chiesa di Notre Damme, in un viuzza cui nome, purtroppo, non rammento ora. Dividevo la stanza con Zsuzsanna, la ragazza ungherese che studiava con me, ed era pure lei una delle tante vittime di De Gioia. Era una stanza ampia, carina, illuminata, che tutto sommato mi piaceva. Le ragazze che vi abitavano, soprattutto quelle francesi, erano troppo altezzose, anche se, col cuore nella mano, devo ammettere, non erano tutte così. Tra quelle mura però facemmo amicizia con una ragazza, veniva dalla lontana Venezuela, Paula, con la quale andavamo a girare la città nel tempo libero. Ci sentiamo anche oggi, non tanto spesso, ma ci aggiorniamo sulle nostre vite di tanto in tanto.
Il corso di lingua lo seguivamo ad Alliance Française, se non sbaglio tre volte a settimana. Il resto lo passavamo nella scoperta della capitale che più il tempo passava, più mi conquistava. Zsuzsi non era, devo ammettere, tanto entusiasta come me,e non vedeva tutta questa bellezza e perfezione che vedevo io. Per me, che sognavo la capitale francese da bambina, era il massimo che potevo avere dalla vita in quel momento. Ogni via che percorrevo mi dava qualche emozione, mentre mi guardavo nelle vetrine vedevo una ragazza sempre sorridente e felice.
A Parigi ho combattuto anche la mia paura più grande, quella dell'altezza, salendo sul tetto dell'Arco di Trionfo e sulla Notre Dame, da dove si estendeva una vista magnifica che ricordo ancora. Poi, che dire della Torre Eiffel, bellissima nella sua grandezza ed imponenza. Lì, purtroppo, non ero salita, era troppo alto per me. Non me la sentivo.
Per spostarsi in città, usavamo sempre la metro. Tante linee, un po' complicate, ma alla fine ci eravamo abituate, dopo un po'. Il tempo volava, a volte mi sembrava che mi sfuggiva tra le mani, e il panico di non poter vedere tutto non mi abbandonava. Tra i corsi, magari giornate brutte (capitava che pioveva e io che mi ero portata solo i vestiti leggeri dovetti comprare un maglioncino viola) non mi è stato possibile vedere tutto che volevo. Però sono contenta di essere riuscita a vedere le cose che mi interessavano di più: i musei (il Louvre era uno spettacolo che non scorderò mai), le chiese (la basilica di Sacro Cuore era una delle cose più belle che avevo visto), l'Opera de Paris, Monmartre, le piazze, come quella di Vendome, i bellissimi giardini delle Tuileries, di Luxembourg e quello stupendo parco della Villette.
Era un soggiorno più che piacevole, che mi ha dato tante emozioni, sensazioni che provo ogni tal volta che apro il vecchio album. All'epoca non avevo la macchina digitale e purtroppo non posso postarvi qualche foto ricordo. Però, grazie ad una blogger eccezionale, Selene's Cell, che è tra l'altro una fotografa stupenda, ho scelto qualche cartolina che ricorda alla perfezione il mio periodo parigino. Il mio rientro a casa. Probabilmente in una vita passata ci avrei vissuto per davvero.
Oggi in Francia è la Festa Nazionale...in memoria della Presa della Bastiglia.. Buon 14 luglio a tutti i francesi.
Buona serata, mondo.
Era da tempo che non aggiornavo lo spazio dedicato a luoghi visitati, a quelle emozioni che, nonostante passasse il tempo restano sempre vivi dentro di me. Il mio sabato, però, anche se non lo faccio con frequenza, avrà sempre il sapore dei viaggi: quelli vissuti con intensità, e quelli sognati a occhi aperti che non sono stati ancora realizzati. Dove porto oggi i nostri lettori, te lo starai chiedendo... te lo dico subito, tanto non vale la pena tenerti sulle spine. Oggi rivisiteremo un luogo magico, che mi ha rubato il cuore al primo sguardo, che ho sognato sin da piccola, e che solo otto anni fa ebbi la possibilità di visitare. Parigi.
Quando studiavo ancora a Gorizia, e studiavo il francese, avevo questo professore bizzarro e ottuso, De Gioia. Non era tanta gioia per me quando dovevo andare alle sue lezioni. Rimpiangevo con tutta me stessa la mia vecchia prof della Serbia, severa anche lei ma almeno aveva un'anima, e non riuscivo ad accettare quell'uomo. Il mio voto era pessimo per i miei gusti, ogni giorno che passava mi rendevo conto di perdere tutte le certezze linguistiche che avevo, e per recuperare ho deciso di fare un corso in Francia. Così, a settembre 2004, insieme a un'amica più giovane ma che studiava insieme a me, Zsuzsanna, partii alla volta di Parigi. Ci restammo per un mese intero, e che mese!
Una mattina piuttosto fresca mi recai all'aeroporto di Milano. Il volo era molto presto, alle 7:20, e già alle 9 era previsto il mio arrivo nella città che, per una ragione sconosciuta a me, aveva una tale importanza che non riuscivo a capire. All'aeroporto doveva venirmi a prendere un amico di papà, emigrato dalla Serbia più di trent'anni fa che viveva lì e faceva tassista. Scesa dall'areo, ancora assonata, fu accolta da un'emozione troppo forte e una sensazione stranissima. Sentivo che stavo ritornando a casa, e non capivo. Non avevo tempo per pensare alla mia confusione, dovevo trovare questo tassista che mi avrebbe portata al collegio in cui eravamo alloggiate Zsuzsi (era il sopranome dell'amica che sarebbe arrivata già lì) ed io. Presi i bagagli, andai fuori ma non lo vedevo. Una chiamata al cellulare mi ha chiarito ogni dubbio, l'uomo pensava che sarei arrivata alle 9 di sera, e fui costretta a prendere il primo taxi.
Il tassista, un chiacchierone marocchino di incirca 35 anni, era un uomo gentile con cui si chiacchierava amabilmente. In francese, ovvio. Io, sinceramente, avevo qualche perplessità, questo De Gioia che menzionai mi aveva tolto ogni speranza linguistica, ma dopo un po' mi sono sciolta. Mentre mi portava all'indirizzo che gli ho dato, guardavo dalla finestra. Le cose che vedevo, i paesaggi, erano tanto familiari. Troppo. Sì, so che cosa pensate, li avevi visti in foto. Ma, la sensazione strana, quella che mi premeva sul cuore ogni minuto che passava mi diceva un'unica frase: Bentornata a casa.
Il collegio per le ragazze, era situato vicino alla chiesa di Notre Damme, in un viuzza cui nome, purtroppo, non rammento ora. Dividevo la stanza con Zsuzsanna, la ragazza ungherese che studiava con me, ed era pure lei una delle tante vittime di De Gioia. Era una stanza ampia, carina, illuminata, che tutto sommato mi piaceva. Le ragazze che vi abitavano, soprattutto quelle francesi, erano troppo altezzose, anche se, col cuore nella mano, devo ammettere, non erano tutte così. Tra quelle mura però facemmo amicizia con una ragazza, veniva dalla lontana Venezuela, Paula, con la quale andavamo a girare la città nel tempo libero. Ci sentiamo anche oggi, non tanto spesso, ma ci aggiorniamo sulle nostre vite di tanto in tanto.
Foto: Selene's Cell |
Il corso di lingua lo seguivamo ad Alliance Française, se non sbaglio tre volte a settimana. Il resto lo passavamo nella scoperta della capitale che più il tempo passava, più mi conquistava. Zsuzsi non era, devo ammettere, tanto entusiasta come me,e non vedeva tutta questa bellezza e perfezione che vedevo io. Per me, che sognavo la capitale francese da bambina, era il massimo che potevo avere dalla vita in quel momento. Ogni via che percorrevo mi dava qualche emozione, mentre mi guardavo nelle vetrine vedevo una ragazza sempre sorridente e felice.
A Parigi ho combattuto anche la mia paura più grande, quella dell'altezza, salendo sul tetto dell'Arco di Trionfo e sulla Notre Dame, da dove si estendeva una vista magnifica che ricordo ancora. Poi, che dire della Torre Eiffel, bellissima nella sua grandezza ed imponenza. Lì, purtroppo, non ero salita, era troppo alto per me. Non me la sentivo.
Torre Eiffel, Parigi Foto: Selene's Cell |
Per spostarsi in città, usavamo sempre la metro. Tante linee, un po' complicate, ma alla fine ci eravamo abituate, dopo un po'. Il tempo volava, a volte mi sembrava che mi sfuggiva tra le mani, e il panico di non poter vedere tutto non mi abbandonava. Tra i corsi, magari giornate brutte (capitava che pioveva e io che mi ero portata solo i vestiti leggeri dovetti comprare un maglioncino viola) non mi è stato possibile vedere tutto che volevo. Però sono contenta di essere riuscita a vedere le cose che mi interessavano di più: i musei (il Louvre era uno spettacolo che non scorderò mai), le chiese (la basilica di Sacro Cuore era una delle cose più belle che avevo visto), l'Opera de Paris, Monmartre, le piazze, come quella di Vendome, i bellissimi giardini delle Tuileries, di Luxembourg e quello stupendo parco della Villette.
Foto: Selene's Cell |
Era un soggiorno più che piacevole, che mi ha dato tante emozioni, sensazioni che provo ogni tal volta che apro il vecchio album. All'epoca non avevo la macchina digitale e purtroppo non posso postarvi qualche foto ricordo. Però, grazie ad una blogger eccezionale, Selene's Cell, che è tra l'altro una fotografa stupenda, ho scelto qualche cartolina che ricorda alla perfezione il mio periodo parigino. Il mio rientro a casa. Probabilmente in una vita passata ci avrei vissuto per davvero.
Oggi in Francia è la Festa Nazionale...in memoria della Presa della Bastiglia.. Buon 14 luglio a tutti i francesi.
Buona serata, mondo.
Che bella esperienza Emy! Sono ricordi che ci porteremo per tutta la vita, classificandoli tra i più cari.
RispondiEliminaMi fa piacere che tu abbia usato le mie immagini, ne sono veramente onorata! :)
Buona domenica carissima e un abbraccio!