Caro diario,
Oggi è il 5 settembre. Esattamente tredici anni fa, a quest’ora,
stavo a Gorizia, in un’aula grande del polo universitario goriziano dove si
svolgeva l’esame d’ammissione al prestigioso SID (per chi non conoscesse, l’acronimo
sta per Scienze Internazionali e Diplomatiche). Ero da poche ore arrivata in
Italia e ancora frastornata, per non dire spaventata da quello che mi
attendeva.
Prima di partire per l’Italia, non avevo saputo nulla
riguardo all’esame che dovevo fare. Al centro culturale d’Italia, presso l’ambasciata,
nessuno sapeva darmi le informazioni giuste. Mi sentivo come un gatto in un
sacco appena messo in libertà, in una notte buia, che non sa cosa deve fare
prima. Considerai quell’esame un vero salto in buio che dovevo, come meglio
sapevo, superare. In treno, da Trento fino a Gorizia, conobbi un ragazzo che
andava anche lui a fare il fatidico esame, che mi raccontò dell’esistenza delle
tre prove di fuoco da superare.
L’una, l’esame di lingua inglese, era l’unica prova che mi
dava un senso di calma. Se io, che venivo dal liceo linguistico non conoscessi le
lingue straniere, era praticamente impossibile! Le altre due, l’esame scritto
in cui c’era da scrivere un tema d’attualità, per di più in italiano, che avevo
studiato per i miseri sei mesi, e il test orale di cultura generale, mi
mettevano sicuramente d’ansia! Ero un po’ terrorizzata, lo ammetto.
Gorizia e famosa scritta Tito je naš |
Eravamo suddivisi per gli esami in ordine alfabetico. Così
io, con la lettera R, ero messa insieme a tutti coloro i cui cognomi iniziavano
dalla lettera O, se non ricordo male. Non ricordo come era il tipo, forse era
anche una donna, che scrisse sulla lavagna il titolo del tema da scrivere, “Tecniche
della cooperazione dei paesi mediterranei”, qualcosa del genere. Ricordo il
terrore che mi aveva assalito. Che ne so io, pensai, di queste cose qui. Perché
non mi fanno fare un tema sulla letteratura italiana?, dissi tra me e me. Neanche
oggi so cosa mi passava per la mente, mi misi a scrivere credendo di mettere
insieme soltanto le frasi senza alcun senso.
Tra un esame e l’altro, mi si avvicinò una ragazza alta e
bionda e mi si rivolse in lingua croata: “Scusami, tu sei da Belgrado?” No,
risposi un po’ seccata, era tutto il giorno, dalla mattina in cui ero arrivata,
che mi collocavano nella capitale serba nonostante venissi da un altro luogo. “Questi
ignoranti conoscono soltanto Belgrado.” Sorrisi alla nuova amica. “Mi chiamo
Denis, vengo da Pola. Sono istriana. E tu?” Ci stringessimo la mano. “Io sono
Emina, vengo da Kraljevo. Sono serba, non farti ingannare dal nome.” Sorrise
anche lei.
La prova dell’inglese era, come prevedevo, una passeggiata.
C’era un semplice sommario da scrivere. Mi stupiva vedere alcune persone
attorno a me che continuavano a scrivere e scrivere, come se invece di ridurre
volessero ampliare il testo che ci avevano dato. Forse mi sopravvalutavo o
semplicemente, era l’unica prova di cui fossi veramente certa da superare al
meglio. L’esame orale fu bellissimo. Quando mi chiesero se avessi studiato l’inglese
all’estero, mi fecero complimenti per la pronuncia, dissi con orgoglio tipico
per le mie parti d’averlo studiato in Serbia ma che usavamo i libri da Oxford.
Lo considerai l’unica vincita della giornata.
L’esame di cultura generale fu un vero interrogatorio sul
paese dal quale venivo, cosa pensavo di
Milosevic, dell’elezioni serbe, chi avrei votato, cose di questo tipo. Alla mia
nuova amica croata non andò meglio. “Non ci crederai cosa mi hanno chiesto!
Come si sta nel suo paese dopo la morte del presidente!” Mi disse Denis durante
la pausa. Si riferivano a Tudjman, “E tu cosa hai risposto?” Domandai. “Ho
detto che si sta meglio.” Ridacchiò. Ridemmo entrambe. Trovavo la situazione in
cui ci eravamo piuttosto bizzarra.
Dopo quell’esame, a mio avviso andato malissimo, in un
momento di sconforto chiamai mio padre che allora stava ancora in Serbia. Gli
dissi d’aver sicuramente fallito, ma per fortuna mi sbagliai. Stranamente avevano
deciso di ammettermi. Il resto è la storia. Con Denis, nonostante non si fosse
iscritta al SID, siamo rimaste amiche e lo siamo tutt’ora.
Gli anni a Gorizia furono intensi, belli. Non sono mancati i
momenti tristi ma li ho ormai superati. Ho conosciuto tanta gente, trovato
amici per tutta la vita. È vero, a volte mi chiedo se era la scelta giusta. Se
al posto di quella facoltà ne avessi scelta un’altra, più adatta alle mie
capacità, diciamo, creative. Ma forse, sicuramente, doveva andare così. Non
rinnego nulla.
Buona giornata, mondo!
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