martedì 21 dicembre 2010

Quinto anniversario di laurea… ricordi di quel 21. dicembre 2005

Caro diario,

Il calendario segna mercoledì, 21. dicembre. A prima vista una qualsiasi giornata invernale, con un cielo grigio e il venticello freddo che taglia l'aria che ci circonda, e invece non è una giornata come tante. È una giornata molto particolare che mi porta di cinque anni indietro nel tempo. Anche all'epoca il 21 dicembre cadde mercoledì, l'anno 2005 stava per finire, e io da poco avevo compiuto 25 anni. Cos'era di così particolare in quella giornata dicembrine, ti chiederai, caro diario mio. Era il giorno che ricorderò per tutta la vita per le cose che successero: la famosa scivolata davanti alla commissione che mi fece vergognare (avrei dovuto imparare a camminare con i tacchi all'epoca del viaggio nei Balcani di cui un giorno te ne parlerò), il vestito e la corona rosa che mi fecero mettere quei farabutti di miei compagni di corso che ancora conservo come un bellissimo ricordo, e per affetto che quel giorno mi regalò la gente che amo, a partire da due persone splendide che sono i miei genitori. Quel 21 dicembre 2005 terminò un ciclo importante della mia vita, mi laureai in Scienze Internazionali e Diplomatiche con una tesi che avevo scelto io, e che era molto importante per me, e stavo per lasciare Gorizia una volta per tutte. Sembra che passassero i secoli, e invece sono solo cinque anni della mia vita che sono volati in un batter d'occhio. Le foto di quella giornata le conservo in un vecchio album goriziano, che da quando ci siamo trasferiti nella nuova casa era finito in un armadio, e oggi ho deciso di riaprirlo per percorrere, almeno con il pensiero, quel mercoledì di cinque anni fa.

Era dalla primavera dello stesso anno che mi preparavo per quel fatidico 21 dic. 2005. In aprile ero partita per Belgrado, a dire la verità il mio mentore Prof. Cesare La Mantia aveva deciso di rimpatriarmi nella mia amatissima Serbia, dove passai un mese intero a fare la ricerca nell'archivio statale. Scherzi a parte, era un'esperienza più che gratificante, che mi aveva reso una persona migliore, e che mi aveva riempito la valigia di una montagna dei documenti storici che avrei dovuto esaminare e tradurre al mio ritorno nella terra friulana. Nessuno mi aveva chiesto di complicarmi la vita con la tesi sul Vaticano e la Iugoslavia titina, tanto meno già menzionato professore che stimavo tantissimo nonostante avesse bocciato la mia idea originale sul riconoscimento prematuro della Croazia e la Slovenia oltre confine. Era la mia scelta, fatta sia con la testa che con il cuore, che avrei portato avanti nonostante la contrarietà delle persone che mi stavano vicino. Così, una volta tornata da Belgrado, piena di documenti storici, pensieri e parole, mi misi al lavoro. Mi divertivo leggere quelle assurde parole croate, che non capivo e per fortuna che avevo degli amici croati che mi aiutavano a decifrare i vari rebus diplomatici. Dopo un estate davanti al pc, e un autunno trentino che mi incoraggiava di andare avanti, misi la parola fine alla mia tesi di laurea. Che strano tenerla in mano adesso, dopo tutti quegli anni in cui avevo lasciato alle spalle la vita goriziana!

Alla mamma e al papà che mi hanno dato l'opportunità di inseguire un mio vecchio sogno … Al mio nonno scomparso tanti anni fa e ai miei nonni scomparsi da poco. Sono convinta che sareste orgogliosi di me … Agli amici che mi sono stati vicini in tutti questi anni lontano da casa … Alla mia amatissima Serbia … Grazie!

La rileggo e rileggo e non posso fare altrimenti che emozionarmi. È la dedica che scrissi sulla prima pagina della tesi, all'epoca. Tenere questa tesi ora tra le mani mi fa ricordare quegli attimi prima che mi chiamassero a difenderla davanti alla commissione di laurea. Sento quel batticuore che componeva una nuova sonata, le mie mani che sudano mentre cerco di ripassare il discorso che avrei fatto, tutte quelle parole che avrei dedicato al mio progetto di ricerca seguito con tanto amore e tanta dedizione. E quando finalmente è il mio turno, camminando con il passo quasi lento, faccio il disastro totale! In un attimo mi trovo a terra, sembro il toro seduto, e vedo il professor Pilotto che mi viene incontro. Per fortuna non mi sono fatta male, a parte la figuraccia che ho fatto, ma la prendo sul ridere. Mi siedo al banco degli imputati, pronta per essere giudicata per il crimine appena fatto o per la tesi scritta? Meno male che non portavo la gonna, perché in tal caso sì che avrei sprofondato dalla vergogna. Grazie a Dio, tutto va bene, nonostante l'inizio un po' maldestro. Sento che mi proclamano la dottoressa, proprio a me che sempre odiavo i dottori per tutta l'infanzia che avevo passato tra le mura degli ospedali, in Scienze Internazionali e Diplomatiche e sento l'orgoglio e la felicità che mi assalgono. Però non era finita lì! Mi aspetta un vero e proprio purgatorio per i crimini commessi in quegli cinque anni universitari. Vedo dappertutto sui muri dell'edificio la mia foto segnaletica, con tutto l'elenco riguardante i miei misfatti in quegli anni, e come castigo sono persino costretta a leggere quella poesia della mia vita goriziana, mentre mi tocca bere dalla bottiglia di vino. Ma questi italiani sono matti, qualcuno potrebbe dire, però fa tutto parte del protocollo diplomatico che si segue in casi di laurea. È una usanza che da noi nei Balcani non c'è, ma qui è una cosa più che normale ridicolizzarti nel giorno di laurea e non c'era il verso che io potessi evitare il destino rosa. A quei farabutti di miei amici, sapendo che il rosa è il mio colore preferito, era venuto in mente di farmi mettere una vestaglia rosa, una corona del stesso colore che mi fa ricordare le famigerate conigliette del Playboy (che il Dio mi perdoni, proprio a me che ero per anni quasi la suora della Provvidenza) e una bacchetta magica, pure quella rosa. E quando pensavo che il castigo finiva lì, mi toccò fare un giro per l'edificio vestita in quella maniera assurda ma anche carina. Ricordo di aver fatto questo giro con un ragazzo più giovane (non è quello che pensate), carissimo Gaspare L'Episcopia, cercando di evitare prof. La Mantia, che di sicuro si sarebbe pentito di essere stato il mio mentore, vedendomi così in quel look così pink. Incrociando suo sorriso mi fece sentire meglio, un po' più al mio agio, almeno questo significava che mi avrebbe perdonata. Il giro nel purgatorio presto era finito, e mi aspettavano i miei, Clara, Fabi, Ale e Francesca Zilio per iniziare i festeggiamenti. Senza loro, e quelle follie rosa, senza amici balcanici che si laurearono quello stesso giorno che la sera incontrai per festeggiamenti, senza Jovica e Vera, i miei amatissimi genitori, quel 21 dicembre non sarebbe stato così bello.

Il tempo vola. In un attimo sei già grande, adulto, responsabile della tua vita che viaggia veloce sui binari del destino. In questi cinque anni ho viaggiato parecchio. Dal Friuli la vita mi aveva portato nell'Emilia-Romagna, poi fu la volta dell'Ungheria, poi di nuovo la terra trentina. Questi cinque anni mi hanno dato dei piaceri, gioia, felicità, ma anche tanti dispiaceri. A volte persino sento di aver sbagliato tutto, soprattutto da quando ho scritto quel libro che mi ha fatto capire chi ero e cosa davvero volevo. Forse avrei potuto studiare letteratura che mi appassiona tanto, o qualche altra cosa, forse Gorizia non era la scelta giusta. Ma di una cosa sono sicura. Sono contenta di aver conosciuto tutta la gente che conobbi in quegli anni, di aver studiato le cose che allora mi piacevano, di aver condiviso le gioie e i dolori con gli amici che saranno sempre parte di me. Grazie a tutti, proprio tutti. Grazie a Fabiola, Clara, Alessandra, Piermario, Francesca P., Giulio, Matteo, Salvo, Giacomo, Dani Bombardi, grazie veramente a tutti quanti che fecero parte di quella classe che iniziò cammino goriziano nel 2000 con me, che nel bene e nel male mi ha dato tante di quelle emozioni che porterò sempre nel cuore.. E alla fine, un grazie particolare al prof. Cesare La Mantia, che con il suo corso sull'Europa dell'Est non soltanto mi aveva riportato a casa, ma mi ha dato base per un'altra avventura universitaria, quella forlivese, che un giorno percorrerò su questo blog. Chissà, forse quando sarà il quinto anniversario emiliano.

Addio Gorizia, addio Friuli, addio passato … buonasera presente .. camminiamo insieme verso futuro , ovunque esso sia ….

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