domenica 22 maggio 2011

La mia vita: punto e a capo

Caro diario,

A ognuno di noi, credo, è capitato di sentire, in un momento di sconforto, la voglia di chiudere gli occhi e non svegliarsi mai più. In parole povere, insomma, di farla finita. Per sempre. È così che io mi sento oggi. Mi sento morta anche se, è palese, non lo sono. Sento battere fuorte il cuore, in cui si nasconde un dolore profondo che da tempo stavo ignorando. Senza dubbio c’è, è presente, ci sono immersa come nell’aqua cristallina del mare e vado sempre più giù. Sto male, molto male. Avrei bisogno di essere capita, ascoltata, ma c’è il silenzio, quel silenzio muto che mi coccola e fa impazzire nello stesso momento. Mi sento sola anche se circondata dalle persone amate, dai miei genitori che fanno di tutto, anche se inconsciamente, per farmi sentire in colpa. Mi sento come essere sul banco di imputati, accusata chissà di quali crimini, come una criminale che non merita la libertà, di essere quello che è. Una persona normale ma come tale non priva di propri sentimenti, di propri sogni e anche di paure, quelle che spesso e volentieri mi hanno rovinato l’esistenza. Ho fatto, come tutti, molti sbagli nella vita. Ho fatto delle scelte che forse avrei potuto evitare, se avessi dato retta a chi cercava di farmi capire determinate cose, le stesse scelte che nel bene e nel male mi hanno fatto crescere ed essere la persona che sono oggi.  Ma non per questo valgo meno, anche se è proprio così che mi sento: una nullità. Sono una perdente, una che non ha fatto che deludere i propri genitori, pensando solo a se stessa e a quello di cui aveva bisogno. Una che sogna di fare artista, a cui l’unica cosa che importa è scrivere e nient’altro. Come se si vivesse dall’aria! Per sommare le parole di mia madre che dice che avrei dovuto rendermi conto di quelle sciocchezze, prima di aver scelto di studiare Scienze Diplomatiche e a fare quell’assurdo e costosissimo  master che non mi aveva portato che un gran nulla. Dovevo ma non lo feci e ora pago le conseguenze.

Oggi è uno di quei giorni che vorrei sparire nel nulla, come in un gioco di prestigio e che al posto mio possa apparire un bel coniglio bianco. Tanti brutti pensieri mi son passati per la testa. Addirittura ho pensato al suicidio. Mi sono vista morta e ho pensato subito al dolore che quel gesto disumano avrebbe dato ai miei genitori, a mia nonna amata, un dolore molto più grande di quello che provo io verso me stessa e la mia vita che è arrivata, sento, al capolinea. Ho pianto, pure tanto, nascosta in camera mia chiusa a chiave. Avevo anche pensato di boicottare il cibo per il resto dei giorni ma poi papà è riuscito a convincermi di sedermi a tavola per pranzare tutti insieme. Ho mangiato poco, tanto che bastava a illudere la fame. Sono tornata sul mia isola che non c’è, il mio adorato letto, e ho chiuso gli occhi. Sapevo che una bella dormita mi avrebbe fatto stare meglio e così fu.

Mi sono svegliata con un mal di testa. Era come se un tir mi fosse passato addosso, o uno di quei treni di grande velocità. Sto meglio. Per lo meno mi sono tolta dalla testa delle cretinate, delle assurdità che mi ronzavano attorno come le zanzare che tanto detesto. È stato solo un momento così, di tristezza e dolore, che il litigio con i miei aveva scattato in me. Non penso neanche per scherzo di togliermi la vita, ho solo un bisogno sfrenato di trovare me stessa che ho perso da qualche parte. Devo trovare la mia di strada. Devo cambiare aria. Devo andarmene. Tranqui. Devo solo fare un punto su questa storia e andare avanti. La mia vita: un punto e a capo.

Ora sto bene. Proprio bene. 

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