venerdì 19 novembre 2010

Perché la storia non si ripeta mai più

Caro diario,

Questa settimana mi rimarrà impressa per due cose: per un film che ho visto, anzi rivisto per ennesima volta, che è "La vita è bella", e per questo articolo, tratto dal blog Balkan Crew che mi sono sentita di condividere. Ringrazio a Lina per il permesso che mi ha concesso. Speriamo che la storia non si ripeta mai più. Buona lettura!


Krvava Bajka, fiaba cruenta



Sterminio nazista in Serbia


In un solo giorno 7300 morti nella città martire. È l'autunno del
1941. Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di Jugoslavia, la
penisola balcanica è insorta contro l'occupante nazifascista. Alla
rivolta partigiana i tedeschi rispondono facendo strage della
popolazione civile.

Il 20 ottobre 1941, sei mesi dopo l'invasione tedesca della
Jugoslavia, nei due Ginnasi di Kragujevac (leggi Kragujevaz), la città
serba posta nel centro della regione della Sumadija, le lezioni
iniziano alle 8.30, come di consueto. Sono in programma quel giorno la
sintassi della lingua serbocroata, matematica, la poesia di Goethe, la
fisica. In una classe, un professore croato, un profugo fuggito dal
regime fascista instaurato in Croazia da Ante Pavelic, sottolinea il
valore della libertà. Poco lontano, un altro spiega l'opera di un
poeta serbo del romanticismo risorgimentale. La mente rivolta alle
secolari lotte sostenute dai serbi per la loro indipendenza e a quella
presente che cresce irresistibilmente, anch'egli parla di libertà. La
voce calma e profonda che illustra i versi del poeta: "La libertà è
un nettare che inebria / Io la bevvi perché avevo sete", ne nasconde a
fatica la tensione, che aleggia anche nell'aula, che grava su tutti,
sulla cittadina, sui suoi abitanti, e che l'eco strozzata di fucilerie
lontane da alcuni giorni alimenta....
Tratto da Pugliantagonista 21 Ottobre 1941


Kragujevac era un simbolo per molti di noi jugoslavi. Da piccoli associavamo il nome della città all'eroismo, alla resistenza e alla solidarietà operaia. All'età di otto anni, quando i miei coetanei si ispiravano alle avventure di Tarzan o di Tom Sawyer, io sognavo di morire eroicamente, come gli studenti di un'intera classe del liceo di Kragujevac. Nell'ottobre del 1941 gli occupanti tedeschi avevano rastrellato, per rappresaglia, circa settemila abitanti di Kragujevac. Fu un massacro. Tra i fucilati c'erano molti studenti, prelevati direttamente dalla scuola. Questa atrocità ha ispirato la poetessa Desanka Maksimović a scrivere la poesia "Krvava bajka" (Fiaba cruenta). Ancora oggi ne ricordo i versi, che mi fanno venire i brividi:

Avvenne in un paese di contadini,

nella Balcania montuosa:

una compagnia di alunni

in un giorno solo morì

di morte gloriosa.

Nel 1962 sull'evento fu girato il film "Prozvan je Peti tri" (Si chiamava anche classe V 3). L'ho visto varie volte, piangendo sempre. Fantasticavo, talvolta, di essere uno degli scolari, oppure il loro professore, che rifiutò di salvarsi e morì insieme ai suoi studenti. Prima di essere giustiziato, il professore dichiarò davanti ai fucili tedeschi: "Sparate, anche adesso sto facendo lezione". Da allora considero nazisti tutti quelli che, per vendetta, puniscono degli innocenti.
Tratto da Osservatorio balcani

giovedì 18 novembre 2010

Sećaš li se avanture u Zagrebu? Tako nešto se ne zaboravlja!

Dragi dnevniče,

Prevrćem stranice starog albuma sa slikama punog sećanja na moje studentske dane i ne mogu a da se ne osmehnem. Bilo je svega i svačega, mnogo toga me baš vezuje za taj italo-slovenački grad koji zovemo Gorica ili Gorizia, kako god vam volja. Ali sećanje koje mi je upravo palo na pamet, pisala sam o tome već u jednom od mojih prethodnih postova, vezano je za jedan balkanski grad, za jedan koncert i grupu prijatelja iz bivše Jugoslavije koji će se sami prepoznati. Bila je to jedna mala avantura, čiji su deo i oni bili, i mislim da će se Sanja Komadina, moja draga drugarica iz Rijeke, setiti te lude zagrebačke noći. Noći koju ću pamtiti do kraja života, koje se i moji prijatelji rado sete kada žele da me zafrkavaju zbog dotičnih događanja. "Otišla devojka na koncert "Bijelog dugmeta" u Zagreb, izgubila pasoš, posvađala se sa tipom u tramvaju koji joj je drsko rekao da bi joj bilo bolje da ne spominje Beograd u sred Zagreba, to samo tebi može da se desi!" Događanja koja su me iz Italije odvela na putovanje po Balkanu a koje sam opisala u kratkoj priči simboličnog naslova "Kriminalac" , nastaloj po povratku u Italiju. Ove noći želim da je podelim sa tobom, dragi moj dnevniče.


 

Kriminalac

Počelo je sve na jedan lepim način a završilo noćnom morom i mojim suzama. Tako ti treba kada me nisi poslušala. Odzvanjale su njegove reči prekora a ja uopšte nisam bila raspoložena za pridike jer on nije i neće znati kako sam se ja osećala. Da nisi bila tako luda, išla bi sada na koncert sa nama. Pogledala sam ga besno ali on to nije mogao, nije se ni trudio, da shvati. Od samog početka je bio protiv mog prijateljstva sa neprijateljima i njegov nacionalistički način razmišljanja mu je i dalje trovao mozak a ja nisam tako mogla da funkcionišem. I dalje mi nije jasno kako si mogla da ideš na koncert u Zagreb, ej, ne to ti uopšte nije trebalo. Ovo se ne bi desilo da si me poslušala i došla u Beograd. Nastavljao je kao pokvarena ploča. I ne samo on, čitava familija je bila u istom fazonu, teča mi je pevao "Putuj Selma" a mama je i dalje uporno odbijala svaki kontakt sa mnom.

Vaša ćerka je izgubila dokumenta i mi je deportujemo za Srbiju. Crvenokosa službenica ambasade na vrlo suptilan način saopštila je mojim roditeljima radosnu vest a ja sam se osećala kao najgori kriminalac. Da nije protiv zakona posetiti neprijateljski grad Zagreb? I što je najgore, u glavi crvenokose mi smo i dalje bili u ratu sa braćom Hrvatima i njen je bio više nego dobronameran savet. Što pre napustite Zagreb, bolje je po vas. Rat, kako da to nisam primetila? Smestićemo vas na prvi voz za Beograd. Gde li je videla četnike i ustaše, pitala sam se, verovatno su ratovali samo u njenoj glavi.

Imate li šta da prijavite za carinu? Glupog li pitanja! Samu sebe. Nije mu jasno. Molim? Samu sebe, govorim li kineski? Nemam ništa za prijavu. Sve što imam je glupavi putni list, sebe, i kesicu kiki-bombona koju sam ponela sa sobom kao suvenir na ratno stanje. I dok u kasnim večernjim satima voz ulazi u prestonicu, ne pamtim da sam se ikada tako obradovala Beogradu, ne mogu a da se ne prepustim sopstvenoj sreći. Home sweet home.

Šta hoćeš? Na roamingu sam i nisam u fazonu za priču. Bila je to moja najdraža drugarica iz Pule a ja sam bila tako gruba. Fali li ti šta? Pita me smešeći se a nije mi do igre ascijacija. Fali mi glava, a što je bitnije, fali mi pasoš. Nastavlja da se kezi. Znam, našli su ga, zato te i zovem. Šalju ti ga po prvom autobusu za Beograd. Zbunjena sam. Ok, našli su pasoš, ali kako su nju našli? Jupi! Živeo Telekom Srbija. Pa moja kartica za mobilni je uvek u torbici sa pasošem. I posle kažu da su policajci glupi.

Avantura je pri kraju a on i dalje nastavlja po starom. Da si bila na koncertu sa nama, sve ovo se ne bi desilo. Šta ti je trebalo da ideš u Zagreb, eh? Ni srećan put da mi poželi. Tetka je u pravu što ne govori sa tobom. I za njega sam kriminalac. Javi se kad pređeš granicu. Kriminalac bez prtljaga i sa pasošem u ruci. Kriminalac koji će ponovo sanjati lepe snove dok sa radija dopiru veseli zvuci muzike, "Bijelo dugme" peva "Selmu" ironije li, i autobus lagano napušta beli grad.


 


 


 

mercoledì 17 novembre 2010

C’era una volta una bambina che sognava il mondo e l’ha trovato!


 

Caro diario,

Sto ascoltando una musica soave che mi sta avvolgendo nel suo abbraccio tenero e mi fa partire, tornare dietro nel tempo. Come se mi stesse invitando a chiudere gli occhi e lasciarmi andare, a rilassarmi. Potrei facilmente addormentarmi, mettermi a sognare quei tempi magnifici ormai andatisi in quel posto nel fondo del cuore dove custodisco gelosamente i miei ricordi. Mi sento al sicuro, coccolata da quei sentimenti provati una volta, da quella felicità provata in certe occasioni e mai più ritrovata. Mi sento a mio agio, tranquilla, è come se quel viaggio indietro nel tempo mi stesse aspettando per farmi ritrovare il sorriso perduto in questi ultimi mesi tanto duri che ora vorrei dimenticare, lasciare alle spalle per non riscoprirli mai più. Un viaggio è sempre una partenza, un nuovo inizio. Un viaggio che potrà ricordarmi di quello che ero prima di perdermi per le viuzze della vita, quelle stradine strette, strette che non ti fanno trovare la strada verso casa, verso quell'oasi della felicità, dell'amore, della famiglia e dell'amicizia. Non posso fare altrimenti che lasciarmi andare, partire per ritrovare me stessa e quella ragazza spensierata che ho fatto uccidere in questi ultimi mesi, anni. Uno, due, tre..il fischio! Il treno dei ricordi sta per partire e mi porterà via con sé.

Da sempre ero affascinata dai viaggi, dai luoghi lontani che volevo visitare un giorno. Dicevano che sembrava che stessi nata in una macchina. Ogni volta che partivamo io ero felice. Non contava il posto dove andavamo, né il perché di quei viaggi lunghi o brevi, bastava muoversi. Mi accontentavo di vedere dei paesaggi dalla finestra, a vedere i segnali stradali che mi affascinavano, volevo sempre sapere il loro significato, come se già a quegli anni volessi prendere la patente! Ignoravo che quei viaggi mi portavano in qualche ospedale, o da qualche guaritore che avrebbe potuto farmi camminare di nuovo. Non ero cosciente allora di essere una bambina diversa, una bambina chiacchierona e troppo curiosa, però sempre una bambina diversa che non poteva camminare. Una bambina che non si rendeva conto della sofferenza che portava dentro, dell'odio sfrenato che provava per gli ospedali in cui era stata per la maggior parte della sua infanzia e per quella città bianca in cui doveva stare per forza. Una bambina che si sentiva tanto sola nella città nella quale era nata, che piangeva di nascosto per le prese in giro degli altri bambini che la vedevano strana perché camminava male, quando finalmente iniziò a fare i primi passi da sola all'età di 4 anni. Una bambina che amava i libri che erano il suo mondo, la sua vita, la sua felicità. Una bambina che nello scrivere aveva scoperto un piacere immenso, che era felice quando vinceva i primi premi alla scuola media, una bambina che non conosceva la felicità. Una bambina che quando era piccola aveva perso il fratellino, quel bimbo mai nato che lei sognava di chiamare Marco e che è anche oggi, quando la bambina è una donna adulta, il suo angelo custode che la protegge da lassù. Ignoravo molte cose su di me perché così era più facile, isolarsi da tutto e da tutti, pensando che quel mondo era giusto per me. Un mondo fatto di silenzi, di parole scritte, delle domande che non avevano risposte precise. O forse non avevo alcuna voglia di trovarle. Un mondo fatto da sogni, da viaggi che avrei fatto un giorno, dalle lingue che avrei imparato. Un mondo che era dentro di me e anche fuori, un giorno l'avrei toccato con le mie dita.

Quando avevo 15 anni, per la prima volta ebbi il coraggio di dire basta, di fermare le paure che si erano insediate dentro di me, di partire nonostante il parere contrario di mia madre che da sempre mi aveva hyper protetto. Mi trasferii a Sremski Karlovci, vicino a Novi Sad, dove feci il liceo linguistico. Là, il mio mondo si era aperto per la prima volta. Era come se avessi scoperto una dimensione diversa della vita. Tutto quello che nella mia città natale mi bloccava, là spariva, come per magia. I ragazzi della classe che frequentavo, mi avevano presa come una di loro, non mi avevano mai fatto capire che sapevano della mia "diversità". Io ero una ragazzina chiusa, che fino a quel punto viveva in un mondo tutto suo, diffidandosi di tutto e di tutti. Qualcosa iniziò a cambiare già allora. Ero circondata per la prima volta dagli amici veri che mi accettavano per quella che ero, e questo non era poco. Lì avevo conosciuto le mie ragazze, Ljilja, Katarina, Lela e Ceca, che ancor oggi sono le mie più care amiche senza le quali la mia vita davvero non avrebbe il significato che oggi ha. Mi hanno insegnato a volermi bene, a credere in me stessa, e che sogni si possono realizzare. Non mi hanno abbandonato neanche quando avevo preso la decisione di continuare gli studi all'estero. Mentre molti mi credevano pazza perché andavo a fare l'università in Italia, da dove nel '99 il nostro Paese fu bombardato, loro mi hanno dato tutto l'appoggio necessario. A volte mi capita di rileggere le vecchie lettere che mi scrivevano, e mi commuovo. Mi ricordo come ero prima di quel periodo liceale, prima che la vita me le aveva messe sulla strada, e mi spavento perché quella ragazzina io la odiavo e non vorrei mai ritrovarla. Mi sorrido perché quelle liceali, che mi scrivevano quelle lettere piene d'amore, tutt'ora sono accanto a me, anche se non viviamo nello stesso paese e ci vediamo raramente. Loro mi hanno cambiata, amata e appoggiata sempre, e non è sufficiente una vita intera per dire a loro quanto io sia grata per tutto.

Dopo il liceo, ho iniziato il mio viaggio verso quel mondo tanto desiderato e sognato. Mi sono trasferita in Italia, in una città che oggi per me è una vera casa, che è Trento. Ci ho vissuto poco però, almeno fino a due anni fa, perché studiavo in un'altra città: Gorizia, prima, e poi a Forlì dove feci il master. Mi ricordo il primo giorno come se fosse ieri. Ero arrivata con una ferita al piede, mi ero operata a Belgrado quando avevo 12 anni, e stavo tanto male che ero quasi svenuta. Mi ricordo una voce femminile che mi offriva una caramella che rifiutai. Ero terrorizzata perché non conoscevo nessuno, ma piano piano, le cose sono cambiate. Durante quegli anni avevo conosciuto tante persone e ognuna di loro mi aveva dato qualcosa. Mi hanno dato tante di quelle emozioni che non dimenticherò mai. Là, in quel convitto in cui stavo, ho conosciuto delle ragazze straordinarie come Fabiola, Clara e Alessandra, che porto sempre nel cuore. Tra quei banchi dell'aula ho lasciato i miei pensieri, i miei ricordi, me stessa, i primi scritti del mio libro. Tra le mura di una casa dello studente in via Mazzini sono rimaste le risate di Zsuzsanna, le chiacchiere che facevo con Piermario, il mio più caro amico e una specie di fratello che a volte mi controllava come ero vestita prima di uscire e con il quale spesso litigavo su chi avrebbe pagato il caffè nel bar di Gedhaffi (almeno gli somigliava). In quella città sul confine con la Slovenia sono rimaste tante emozioni, troppo ricordi, belli o brutti, ma sempre ricordi. Ricordi di un periodo che mi ha reso una persona migliore, quella che in questi ultimi anni di miei problemi di salute avevo dimenticato e quasi ucciso isolandola dal resto del mondo. Però ora è arrivato il momento di svegliare quella bimba, di farla ricordare quanto la vita sia bella anche quando tutto sembra nero, che ci sono opportunità che non vanno perse per nulla al mondo. Di farla capire che le paure con le quali di nuovo aveva costruito un castello in cui si sta nascondendo devono cessare di esistere. La vita è troppo bella per essere persa in chiacchiere inutili, in depressioni createsi dal nulla. La vita bisogna viverla, cara bimba mia!

E in un tratto mi svegliai e capii. La bimba non c'è più, quella bimba che sognava un mondo che ha trovato, ma anche cercato di distruggerlo. La bimba è cresciuta. La bimba fra qualche settimana compierà 31 anni. Non potrò dimenticarla, né vorrei farlo. Vorrei solo che smettesse di condizionare la mia vita, le mie scelte, anche se per sempre sarà parte di esse, e di quel passato con il quale convivo e convivrò finché sarò viva.

Addio, bimba mia!

lunedì 15 novembre 2010

Sasvim običan novembarski, kišni dan

Dragi dnevniče,

Sedim na krevetu, ušuškana među jastucima i osluškujem rominjanje, čavrljanje kapljica kiše koje dobuju po prozoru. O čemu li to tako žučno raspravljaju, pitam se. Možda ni njima nešto nije po volji. Možda ni njima nije dan. Možda su i one baš ustale na levu nogu. Ko zna, možda i njih hvata neka melanholija. Nekakav suludi osećaj koje same sebi ne mogu da razjasne, koji ih prati u stopu a one, te nestašne kapljice kiše, ne umeju da ćute nego pričaju, prazne se na nevinim soliterskim prozorima koji jedino što žele je da budu ostavljeni na miru. Ali te male, vragolaste kapljice, nemaju ni najmanju nameru da prestanu, prosto uživaju u svojoj ulozi majstora kvariše koji obožava da svojim nestašlucima ljuti Sunce. A ono, blago i nasmejano, uvek jarko i toplo, krije se tamo negde iza planina, tamo gde nema ko da ga nervira, gde može na miru da se opusti. Novembar, taj tako veliki prijatelj kiša, tog raspevanog hora raspoloženih kapljica, ulazi u svoju treću nedelju života. Ta beba jeseni, ušuškana u ćebence magle koja polako obavija grad, sprema se za počinak. Polako se već pale prva svetla grada, kolone automobila koji kvase svoje bose nožice stvaraju gužvu, umorni radnici vraćaju se kući s posla. Uličicama i trgovima šarene se kišobrani koji se kao žito povijaju na tom jesenjem vetru. Po koja ptičica proleti, mašući svojim krilima da se zagreje. Zima se polako uvlači među prolaznike, mlade i stare, ulicama grada koji se umorio slušajući jednu te istu priču, a kiša, kao neka stara baba koja ne ume da ćuti, rominja i dalje. Priča svoju priču i ne mari da li je neko sluša, ili ne, pa zaboga dokle više da je ućutkuju!

Neka je, već sam se navikla na njen žamor. Na njenu žalopojku. Na njen uzdah. Na nju samu. Ona samo želi da uspava novembarsku bebu, da joj ispropoveda po koju bajku, da joj pruži ljubav. Ona zna šta znači biti beba, iako je već matora, džangrizava baba, osedela i oronula pod teretom čovečanstva koji već vekovima nosi na svojim plećima. Ko zna koliko je već takvih beba odgajila, jesenjih, zimskih, prolećnih i letnjih! Ko tako nešto još pamti! Ona ne mari za cifru, za brojeve koji se zapisuju u starom kalendaru života. Ona samo želi da čavrlja, da rominja, da dobuje o prozore kuća, zgrada, automobila, aviona.. i čega sve ne! Ona samo želi da ćaska, da šapuće, da viče, da budi i da uspavljuje! Ona želi da je ne zaborave, da je pominju, po dobru i po zlu, da pamte šta su sve radili u njenom prisustvu. Da pamte prve poljupce, prvo skakutanje po kiši, prve svađe i prva mirenja. Da je nose u svojim sećanjima. Da je kritikuju, opisuju, ogovaraju. Nju koja sve što želi je da dobuje... da cvrkuće... da budi..uspavljuje.. nervira ili smiruje. Nju čiji me zvuk polako opušta. Novembar je, ta beba rođena između jeseni i zime, i jedan sasvim običan dan. Ponedeljak, leta gospodnjeg 2010-og.

Dobro veče svete!

 

Sin un título particular..o mejor, que hacer para cambiar la vida

Querido diario,

Es bastante tarde pero no tengo sueño. Además, la noche es el momento que yo prefiero para escribir algo, o simplemente para pensar. O leer algo. Acabo de leer una frase que me hizo pensar. Es una frase muy simple y verdadera, y dice: "A veces crees que quieres desaparecer, pero todo lo que realmente quieres es que te encuentren." Hay mucho tiempo que quería desaparecer, ir muy lejos, dejar todo detrás de mí, pero estoy siempre aquí, en el mismo lugar, junto a la gente que amo. No es fácil escapar, y para ser sincera con mi misma, no sé si de veras quisiera hacerlo. Pero en momentos tan difícil, que viví últimamente, es, creo, normal desear de cambiar la vida. Pero, pensando más, llegué a la conclusión que escapando no si resuelve nada. Uno tiene que luchar para poder ser feliz, hacer todo el posible para obtener un equilibrio en el corazón y en la anima. No es para nada fácil, lo entiendo, tienes que ser fuerte y haber demasiado coraje, que yo a veces no tengo. Coraje para cambiar el mundo que está cerca de mí.

¿Cómo si llega a ser fuertes y arrojados? Una vez leí que "vivir una vida con miedo es igual a vivirla a mitad". Puede ser que yo, con tantos miedos en mi corazón, viví mal hasta ahora pero liberarse de miedos no sé cómo hacerlo. Y no es claro fácil admitir algo así, ni con los otros ni con mi misma, pero es un paso importante. Y lo sé, es la hora de cambiar algo.

Cambiar.. encontrar la fuerza para hacerlo.. resistir a los presiones externos, resistir.. un verbo importante… ir adelante sin desconfianza, con la voluntad de luchar..de llegar al fin como triunfadores.. sobrevivir.

¿Y cómo? ¿Qué tenía que hacer para lograr de ser feliz? ¿Hay un secreto? ¿Una llave secreta? Si hay, tengo que encontrarla, no? Puede ser que mi llave es en las cosas que están cerca de mi pero siendo en ese situación por varios meses, llegué a ser siega. La verdad es que no luché bastante y el resultado es que perdí la confianza en mí misma. Mis amigos han hecho todo para que yo me despierte pero todo fue inútil hasta que yo misma comprendí en qué estado fui. No llegué todavía a ser la persona que fui antes, pero lograré a serlo. Te lo prometo querido diario mío. ¿Y sabes qué? Yo ganaré en eso. Mañana es un nuevo día, dijo Rosella O'Hara y quien sabe que va a suceder!

Buenas noches, me voy a leer el libro "Resiste – claves para encontrar tu llave"… lo encontré en web..De nuevo el verbo resistir entre mis palabras. Y todo nació en una maniera rara. Descubrí hace poco (hay algunas semanas)una serie tv argentina para jóvenes (puede ser qué yo soy un poquito vieja para verla, no sabía, me dijeron así, ) que se llama "Casi ángeles". Parece que es muy popular en países balcánicos, y aquí en Italia también, pero yo no lo conocía antes. Y el libro, de autor que se llama Leandro Calderone, es parte de la serie televisiva. Leyéndolo, he descubierto muchas cosas positivas, las frases que me hacen reflejar…pero todavía no llegué hasta el final.. les voy a contar mis impresiones cuando terminaré a leerlo.

¡Hasta luego!


P.S. Fue mi primero post en español. J

sabato 13 novembre 2010

Ciao!Hi!Salut!¡Hola! Zdravo! Привет!

Dear diary,

Or should I say "caro diario"? Or maybe it's better to use "dragi dnevniče?" Or simply saying: "Querido diario"? Or maybe you think that sounds more elegant saying "Mon cher journal " ? No, I am not crazy, nor I would like to express my foreign languages knowledge, let say that I decided to make this blog more "international". As more languages as you speak, with more people in the world you may communicate, no? In the era of globalization, the internet became an useful tool of communication between people living in different countries, on different continents, no matter they don't speak the same language. Distance is not any longer a problem, as it was ages ago. Now, if you want to go somewhere, with just one click of your mouse you may get there, not physically, but at least with your thoughts, thanks to the images of the place you would like to visit, sounds, videos and things like this. And from now on, I would like to begin this international trip with all people who come across to this blog. My aim is not only to share my thoughts with this "virtual diary" but also to interact with people, share experiences, interests and why not, practice my foreign languages knowledge.

I'm ready to begin this new blogging adventure! Just close your eyes, jump and join me in this crazy ride!

First step.. Bene, come il primo passo, lascerò alle spalle il solito inglese.. Sì, è una lingua internazionale, la parlano tutti, o quasi, però non è l'unica lingua al mondo. Ce ne sono tantissime altre, facili o difficili che siano, che ci piacciano o meno, e con le quali si può benissimo comunicare. Ecco, questa che uso adesso è una di quelle lingue che ti prende subito, che ti conquista con la sua melodia, allegria. Che ti porta inevitabilmente in un paese mediterraneo che è l'Italia, un paese straordinario per certi versi; un paese dove si mangia da dio, dove ci sono luoghi incantevoli che almeno una volta nella vita dovresti visitare. È un paese che porto sempre nel cuore, la mia seconda patria che dieci anni fa mi ha aperto le sue porte e mi ha accolto benissimo. In questo paese io sono cresciuta, ho trovato me stessa, ho imparato molte cose. Qui ho conosciuto tanta gente, ho trovato amicizie di quelle che durano per tutta la vita. Qui mi sono laureata, ben due volte, e proprio qui che ho iniziato a scrivere il mio primo libro, pubblicato l'anno scorso in Serbia. E in questo paese c'è una città circondata dalle montagne e dai laghi, una città che considerò mia e in cui vivo: la mia bellissima Trento. Potrei dirvi tante cose di questo paese, della sua gente, dei bei posti che vale la pena visitare, del cibo buonissimo che mi piace. Potrei, e di sicuro lo farò.. però non adesso! Alla prossima!

Step number two… Korak broj dva, malo ćemo da ćaskamo i na srpskom. Srpskom, hrvatskom, bosanskom.. Kako god da se jezik zvao, bitno je da se mi razumemo, iz koje god zemlje bivše Jugoslavije dolazili. Eto, ja sam najbolje snalazim baš na srpskom… maternji jezik, rećićete, šta je tu čudno. Istina, čovek se najbolje izražava kada govori sopstvenim jezikom..najlakše izražava sopstvena osećanja, sopstvene misli. Najlakše je igrati se rečima, a to je ono što najviše volim da radim, kada dobro poznaješ "teren", kada se osećaš kao kod "svoje kuće". Kada pišeš na svom jeziku možeš biti sve što poželiš, možeš biti ironičan, podrugljiv, veseo, tužan, besan, šta god ti padne na pamet! Možeš da pišeš o svemu i o svačemu! Dobro, možeš sve te stvari da radiš i na drugim jezicima, ako ih dobro poznaješ, naravno. Ali nije to isto. Eto, ja ću ubuduće, kad god osetim potrebu za tim, malo da se igram na srpskom. Kada? Uskoro, obećavam!

Step three.. Entonces, todo que dije antes en italiano y en serbo, vale para el español. Es una lengua que mi gusta mucho, que aprendí en universidad, pero hay mucho tiempo que no la uso. Hace algunos días, leyendo el blog de Hugo Accardi, he decidido que habría iniciado a comunicar más en esta lengua tan bella, tan melódica, tan hermosa. No sé si voy a lograr en esta misión imposible, pero voy a tentar. Es un modo para no olvidar una lengua, para practicarla y porque no para encontrar nuevos amigos. Hay tan países lejos, pero puedes encontrarlos comunicando; puedes conocer un país nuevo, su historia, su gente. Todo el mundo es cerca de ti. Basta querer encontrarlo. ¡Hasta pronto!

Step four .. Maintenant, je devrais écrire quelque chose en français. Pas facile. Il y a vraiment beaucoup de temps que je ne parle pas cette langue. En 2004, J'étais à Paris avec mon amie Zsuzsanna. C'était le plus belle période de ma vie ; un mois que je ne oublierai pas jamais. J'écriai déjà de cette expérience magnifique dans un de mes interventions en blog. Dès ces jours là passait de temps, les possibilités pour parler le français sont diminué. Mais, j'ai fait un promis à mon amie Ljiljana que habite en France : je devrais chercher de pratiquer le français et ça signifie que je devrais écrire ici, quelque fois pas toujours, en cette langue. Pas maintenant, d'accord, un autre jour peut –être. A bientôt !

Well, I think that's enough for now… Tomorrow is a new day, new story, and new… language !

venerdì 12 novembre 2010

I <3 Kraljevo

Dear diary,

It's a cold November day. One of those days that you would like to stay in, with a cup of warm tea, with your own thoughts. Thoughts about your own life, your family and friends, your past and present. You see thousands of pictures in front of your own eyes, pictures that speak about you, better or worst days you would like to remember or to forget. A sort of small, private movie that makes you sometimes laugh, some other time cry. Picture says more than thousands of words, somebody said once and that's probably true, so I chose my picture representing my thoughts, my private movie of this last week and a couple of days more. This picture.


One letter, one symbol, one name. Name of a town that I was born in and which was hit by the earthquake on 3rd November. The same day when I was woken up by my dad's phone call that I will not forget as long as I live. "Last night there was an earthquake in Kraljevo", he told me while I was trying to realize what was happening. I turned on the TV and searched for the Serbian State channel. It was true, no mistake nor a nightmare, it was really happening. My town was destroyed and I was wandering what has happened with my flat, my building, people I grew up with who were still living there, my grandma' who luckily was living in another town with my aunt's family, but still nearby. There were a lot of questions in my mind with no clear answers. I felt fear, I felt sadness, I felt rage. Why that happened to my hometown? In my mind was still vivid a memory of Aquilla earthquake that made me so sad, as much, or even more, sad as I was in that moment. I tried to get in contact with my family and friends. Luckily they were all ok.. I was reading mails, messages, following news with so much sorrow. I was away from that town that I love still, no matter I have good and bad memories of it, and that made me upset. I couldn't do much to change things, except praying a lot and hoping that in my town will never again be such things as earthquakes. And now, when seems that everything is over, there are no smaller earthquakes anymore, I can't stop thinking of a place, people, streets that are so much connected to my past life. My roots still lay there and that's something I never forget. Something that will never change.

And yes, I do love Kraljevo, and in my hearth there is exactly this picture, this symbol that represents a town that will never give up. The town which will win this battle as always he does. And I am so proud that I was born there. Proud to be a girl from Kraljevo.

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